IL FUTURO DEI COMPOSITI

'Integrare progettazione e produzione sia una priorità'

Per Enrico D'Amato, esperto di applicazioni nel settore compositi, l’incremento del livello d’integrazione tra le due attività costituisce una delle strategie più rilevanti per il miglioramento futuro della competitività dei compositi

di NICOLA CATENARO

Portale Compositi e Composites Portal proseguono il viaggio alla scoperta del futuro dei compositi. Oggi è la volta di Enrico D'Amato, già docente universitario di Ingegneria e fondatore di un gruppo di società che, tra le altre cose, si occupa dello sviluppo di applicazioni nel settore dei compositi. 

C’è una collaborazione stretta, nel settore dei compositi, tra progettazione e produzione anche grazie alla versatilità del materiale usato che può, in definitiva, assumere qualsiasi forma immaginabile. Quanto conterà questo aspetto in futuro?
"In realtà il livello di collaborazione tra progettazione e produzione, che con tali materiali dovrebbe essere considerato irrinunciabile, è ancora relativamente basso. Le caratteristiche del materiale, come intese in input ad un processo di progettazione (resistenza a rottura, ad esempio), vengono costituite e definitivamente garantite solo al momento della produzione del componente. È evidente che in questo ambito le specifiche di realizzazione del componente devono essere condivise fra progettazione e produzione e tutte le difficoltà di fabbricazione che possono compromettere il raggiungimento delle prestazioni dovrebbero essere eliminate, in sede progettuale, applicando semplicemente le strategie codificate del Design for Manufacturing. Troppo spesso questo processo d’integrazione è considerato dispendioso, in termini economici e di tempo, e viene sacrificato a favore di approcci empirici al processo produttivo, con il rischio di perdere il controllo delle prestazioni e della qualità del prodotto finito.
L’incremento del livello d’integrazione tra progettazione e produzione costituisce una delle strategie più rilevanti per il miglioramento futuro della competitività del materiale composito".

Lei crede che la stampa 3D possa, nei prossimi anni, sostituire presse e autoclavi?
"Il punto di forza della deposizione di fibre mediante tecnologia di stampa 3D risiede nella possibilità di pensare la distribuzione delle fibre secondo percorsi monodimensionali (curve nello spazio) in alternativa alle porzioni di superfici (patches bidimensionali nella laminazione), incrementando la possibilità di disporle secondo le linee di forza interne al componente, obiettivo ideale di un processo di progettazione strutturale (Taylored Deposition). Tuttavia, tale risultato può essere di difficile realizzazione, in funzione della geometria del componente e dei vincoli tecnologici alle modalità di deposizione. Oltre alle difficoltà di realizzare una deposizione totalmente Taylored, ci sono anche almeno due aspetti che non possono essere trascurati: la difficoltà di trattare le matrici termoindurenti, attualmente prevalenti nei compositi industriali, e le limitazioni prestazionali dei materiali deposti con stampa 3D. Quando si valutano le applicazioni di stampa 3D, infatti, non si dovrebbe trascurare che i materiali costitutivi ottenuti hanno delle prestazioni significativamente ridotte rispetto agli stessi ottenuti con altre tecnologie (stampaggio, estrusione, laminazione, …), data la natura discreta e sequenziale dell’accumulo di massa (disomogeneità per presenza di vuoti e difetti di adesione) e le direzioni preferenziali dei filamenti (anisotropia). La prospettiva più probabile è che le fibre ad elevate prestazioni possano migliorare le caratteristiche meccaniche di materiali ottenuti per stampa 3D ed eventualmente sostituire alcune applicazioni di co-moulding. Ma difficilmente potranno sostituire le tecnologie di polimerizzazione simultanea dell’intero manufatto, che con i raffinati controlli di pressione e temperatura, tipici delle formature in pressa ed autoclave, garantiscono le massime prestazioni del materiale polimerizzato".

Le competenze italiane nel settore dei compositi sono note e riconosciute a livello europeo e internazionale. Perché non puntare alla creazione di una vera accademia dei compositi in Italia?
"Il ruolo della formazione specialistica e magistrale è affidato in Italia alle istituzioni universitarie, rendendo contestualmente possibile anche il trasferimento degli avanzamenti della ricerca ai futuri tecnici dell’industria. L’università italiana proviene da una tradizione di ricerca di base e, solo negli ultimi decenni, anche per imposizione normativa, il finanziamento della ricerca prevede dei requisiti di partnership con l’industria e di applicabilità industriale dei risultati. Risulta pertanto opportuno accelerare tale processo d’integrazione, stimolare l’inserimento organico della tecnologia del composito nei corsi di formazione universitaria, questo al fine di ottenere una più diffusa crescita professionale nel settore dei compositi. Sebbene siano spesso riscontrabili delle difficoltà del sistema universitario a rispondere alle esigenze dell’industria, non ritengo opportuno procedere alla creazione di istituzioni alternative per la formazione specialistica in questo settore tecnologico".

CHI È

Enrico D’Amato è fondatore di un gruppo di società d’ingegneria operanti nella progettazione di macchine industriali (DEF Engineering Srl) e nello sviluppo di applicazioni dei materiali compositi (DES Composites Srl e DES Composites Ltd). Nell’ambito della meccanica industriale è stato coordinatore di centinaia di progetti esecutivi di impianti produttivi e macchine speciali per vari settori tecnologici, mentre nel settore dei materiali compositi ha contribuito allo sviluppo di metodologie ed applicazioni innovative, con l’industrializzazione di componenti ad elevate prestazioni.
Le competenze espresse in tali attività derivano anche dall’esercizio di una trentennale carriera accademica, svolta come ricercatore e docente d’ingegneria negli ambiti di progettazione meccanica, prototipazione virtuale ed applicazione dei materiali compositi.

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