Il nostro viaggio alla scoperta del futuro (ma anche del presente) dei compositi fa tappa nell’atelier di uno dei più noti costruttori di supercar, Horacio Pagani, il quale è stato uno dei pionieri nell’utilizzo dei compositi per l’automotive quando in pochi ci credevano. Ecco il resoconto della conversazione con l’imprenditore di origini argentine su compositi, materiali avanzati e hypercar da oltre due milioni di euro.
di NICOLA CATENARO
Quanto sono importanti i materiali compositi per le vetture di Pagani?
«Premesso che in un’automobile c’è una quantità enorme di materiali, da quelli estetici a quelli puramente tecnici, c’è da dire che noi li progettiamo tutti in casa, curandone i calcoli, e aggiungo che secondo noi non ci sono materiali giusti o sbagliati, piuttosto materiali nel posto giusto o nel posto sbagliato. A proposito dei compositi, sono stato probabilmente il primo, quasi quarant’anni fa, a credere in essi e ad utilizzarli per la carrozzeria e per le parti strutturali in una supercar. I compositi sono strategici per le nostre vetture e noi investiamo moltissimo nella ricerca e nei test riguardanti nuovi materiali».
Configurare e personalizzare l'auto dei sogni su Internet, magari con allestimento carbon-look, e poi ordinarla con un click e riceverla a casa. Sarà questo il futuro del mercato delle auto di lusso?
«Non credo che questa modalità potrà mai sostituire il rapporto umano. E lo abbiamo visto durante il Covid, che ha ridotto al minimo i contatti e fatto venir meno una componente fondamentale del percorso che intraprende chi compra una delle nostre vetture. Questo percorso, per clienti così esigenti come i nostri che desiderano che la propria auto sia come un abito sartoriale, non può essere virtuale né può avvenire facilmente sul web come accade con materiali o prodotti generici».
Qual è secondo lei il valore oggi predominante nell'utilizzo di un materiale come la fibra di carbonio nel settore automotive? Estetico o strutturale?
«Quando abbiamo iniziato negli anni Ottanta, l’utilizzo dei compositi nella costruzione delle nostre auto (mentre ero in Lamborghini) è stato prevalentemente strutturale. Come peraltro accadeva già storicamente in ambito aeronautico o per le monoposto di Formula Uno. Quasi subito, però, ci siamo accorti che costituivano un’alternativa molto valida in campo estetico alla lamiera di alluminio lavorata a mano. E inoltre ci davano la possibilità di creare forme molto plastiche con componenti di qualità molto nobile come i preimpregnati. Nel 2000, quando abbiamo presentato a Ginevra la prima macchina fatta interamente con carbonio a vista, una Zonda, al termine di un percorso di ricerca durato sette anni, abbiamo capito che i clienti erano molto attratti dalle vetture in composito carbon look. E abbiamo continuato. Oggi abbiamo quaranta diversi materiali compositi nostri sviluppati a partire dagli anni Ottanta. Il 70-80 per cento delle nostre vetture sono in carbon look e il lungo lavoro di ricerca ci ha permesso di mettere a punto la colorazione, le tipologie di fibra, il carbotitanio eccetera. In chiave estetica, dunque, i compositi occupano uno spazio interessante con riguardo alla carrozzeria e agli interni. Ma anche per la parte strutturale, se si pensa che oggi riusciamo a fare il telaio di una hypercar in tre soli parti proprio grazie alla capacità di creare con i compositi qualsiasi forma».
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30 marzo 2021