di Carlo SANTULLI*, Cristiano FRAGASSA**, Danilo NIKOLIC***
La Posidonia Oceanica è una pianta che cresce sul fondo del mare e quando strappata dalle correnti o da altre attività, per esempio in conseguenza della pesca o della navigazione, finisce spiaggiata. Le sue funzioni di controllo dell’erosione ed anche della variazione climatica consiglierebbero, nel caso il contatto con la spiaggia sia breve e non si accumuli a distanza dal mare, di lasciarla sull’arenile o di permettere alla marea di riprenderla.
In realtà, anche in conseguenza della lunga permanenza sulla spiaggia e della contaminazione con altri rifiuti, notevoli quantità di Posidonia risultano disponibili per vari utilizzi nell’ambito dei materiali, nelle due forme in cui la pianta si accumula, che sono sfere agglomerate del diametro di qualche centimetro e foglie lunghe fino a circa un metro dalla forma a nastro.
Da entrambe le forme si possono estrarre fibre corte, con sezione ellittica molto pronunciata, e di natura cellulosica, ma con contenuto di lignina non inferiore al 30%. La densità del materiale è di circa 1.1-1.2, quindi simile alla maggior parte delle resine polimeriche di normale utilizzo.
Il possibile sfruttamento di questo scarto, dovuto anche alla difficile gestione dell’accumulo sulle coste, specie soggette ad attività turistiche e portuali, ha prodotto molta letteratura scientifica per proporne vari utilizzi, anche nell’ambito dei compositi, che sarebbe in ogni caso più sostenibile dello smaltimento in discarica, o del marcimento incontrollato sulla costa, od anche della combustione al fine di recupero di energia.
La Posidonia si presenta d’interesse per la produzione di pannelli acustici e termici con aggiunta di leganti naturali ed anche nell’ambito dei compositi a matrice ceramica per aggiunta al gesso, agli intonaci, al cemento ed al calcestruzzo, o in miscela con l’asfalto.
Per quanto riguarda i compositi polimerici, le fibre di Posidonia, trattate con soda caustica e/o con silani, similmente ad altre fibre naturali, sono state proposte in quantità variabili, nella maggior parte dei casi fino al 40%, in matrici termoindurenti, come epossidiche o bio-epossidiche, o termoplastiche, come polietilene e polipropilene, nelle quali le fibre sono compatibilizzate con anidride maleica, anche in pellet per lo stampaggio ad iniezione.
L’interesse maggiore è comprensibilmente il loro utilizzo in matrici bio- sia di carattere industriale, come l’acido polilattico (PLA) anche per applicazioni in stampa 3D, o i poli-idrossialcanoati (PHA) di origine batterica, o anche di sintesi da scarti alimentari come amidi termoplastici (TPS), a base di amido di mais, fecola di patate, ecc. Gli utilizzi per ora più prevedibili sono nell’ambito del packaging ed in generale della produzione di pannelli per possibili applicazioni nell’industria del legno, ma l’interesse verso applicazioni a maggior valore aggiunto appare in continua crescita negli ultimi anni.
Riferimenti
Il presente studio, che esplora l'impiego della posidonia nella produzione di compositi ecosostenibili, è stato condotto nell'ambito di 'SeaComp - Compositi Marini Ecologici dagli Scarti dell'Adriatico', un progetto di collaborazione tra l'Università di Camerino e del Montenegro, cofinanziato dai Ministeri degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale dei due paesi.
* Scuola di Scienze e Tecnologie, Università di Camerino
** Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Bologna
*** Facoltà di Studi Marini di Cattaro, Università del Montenegro
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11 gennaio 2025